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11 marzo 2013: On. Maino Marchi
Primi senza vincere. Che Fare? Oggi non può esistere responsabilità senza cambiamento.




Arrivare primi sia alla Camera che al Senato e non vincere è certamente doloroso per il centrosinistra e il PD.

Si è arrivati primi, seppur di poco. Lo stesso PD, se si conteggiano i voti degli italiani all’estero, è il primo partito, non il M5S. Il consenso ottenuto è stato notevolmente al di sotto delle nostre aspettative, tanto da far sembrare un grande recupero anche la perdita notevole, in voti e in percentuale, del centro destra. Un consenso che non ci ha permesso di avere la maggioranza parlamentare al Senato e che rende molto difficile poter costituire un Governo che abbia la fiducia delle Camere.

Il voto ha poi portato un consenso oltre le attese per il M5S. Un consenso che è venuto in primo luogo da elettori che in precedenza hanno votato centrosinistra e PD.

Il che porta a considerare che gli elementi che hanno provocato questo tsunami derivino da una crisi economica e sociale senza precedenti dalla guerra, dall’impoverimento di fasce sempre più ampie della popolazione, da un giudizio non positivo sull’azione del Governo Monti rispetto soprattutto all’equità (ne è espressione anche lo scarso appeal della Scelta Civica di Monti e la scomparsa di UdC e Fli). Ha poi pesato l’incapacità di riforma del sistema politico, dalla mancata riduzione dei parlamentari alla mancata riforma della legge elettorale, della precedente “strana” maggioranza.

Se questo è vero il voto non ha espresso una volontà di conservazione, come potrebbe far pensare la vittoria della destra in Lombardia e la distanza molto ridotta della destra dal centrosinistra su scala nazionale, bensì un’esigenza di forte cambiamento.

Il messaggio a mio avviso più importante emerso dalla Direzione nazionale del 6 marzo, è che questo sposta anche l’idea di responsabilità.

Di fronte alla situazione grave del Paese c’è chi cerca di dire che l’importante è fare un governo e che le forze responsabili devono farlo.

Un governo che non determinasse un forte cambiamento non sarebbe una scelta responsabile, perché contribuirebbe a destabilizzare ancor di più la situazione sociale del Paese.

Oggi non può esistere responsabilità senza cambiamento. Un governo Pd-PdL o un governo tecnico o istituzionale  sostenuto da PD e PdL non sarebbe una scelta responsabile, in quanto non in grado di determinare un cambiamento. Non c’è bisogno di prove, ne abbiamo avute fin che si vuole in questi vent’anni. Da ultimo quelle mancate riforme del sistema politico, che prima citavo, impedite dal PdL, in accordo con la Lega.

Oggi ci vuole un Governo del cambiamento e bisogna sfidare il M5S su questo terreno. Il PD ha avanzato le sue proposte in tal senso: gli otto punti di Bersani, contenenti una trentina di proposte.

A mio parere bisogna farle diventare un forte strumento di battaglia politica. Agli elettori deve arrivare forte e chiaro il messaggio che oggi si potrebbero fare delle cose che, se non si faranno, sarà per esclusiva colpa di Grillo. Ad esempio bisogna far sapere che si potrebbero accelerare i pagamenti della pubblica amministrazione alle imprese e che se non si farà la colpa è di Grillo. Che si potrebbe modificare il patto di stabilità interno per avviare interventi di edilizia scolastica e sanitaria e che se non si farà la colpa è di Grillo. Che si potrebbe eliminare l’IMU a chi ha pagato fino a 500 euro e aumentarla per le case di valore oltre 1,5 milioni e che se non si farà la colpa è di Grillo. Che si potrebbero dimezzare i parlamentari o fare la legge sul conflitto di interesse o la legge per la cittadinanza per chi nasce in Italia da genitori stranieri o la legge sulle unioni civili di coppie omosessuali secondo i principi della legge tedesca e che se tutte queste cose non si faranno la colpa è di Grillo. E così per tutte le altre proposte comprese negli otto punti di Bersani.

Io interpreto così un partito di cambiamento: un partito che non si abbatte, ma, sulla base della responsabilità derivatagli dall’essere primo, ingaggia una fase di forte lotta politica perché tutti sappiano le opportunità che possono venire da un Parlamento tanto rinnovato e a chi dovrà essere addebitata l’eventuale impossibilità di cambiare da subito l’Italia.

On. Maino Marchi






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